Rubrica senza glutine a cura della blogger Fabiana Corami,
la nostra Fabipasticcio
Una volta si pensava che l’obesità e il sovrappeso fossero solo una problematica dei Paesi ricchi. E si pensava anche che la persona affetta da celiachia fosse sottopeso, deperita, anemica; d’altronde una volta la malattia celiaca si chiamava morbo celiaco proprio perché determinava uno stato di debilitazione che portava con sé effetti collaterali pesanti, come il rachitismo o la morte.
Una volta era così.
Attualmente, l’obesità è in aumento anche nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo ed è anche in aumento il diabete di tipo 2 o diabete alimentare. Parallelamente, la diagnosi di celiachia tra le persone obese è in aumento. Ciò però non significa che mangiare in modo anomalo e avere una dieta squilibrata provochi direttamente la celiachia.
Il legame tra obesità e celiachia e, conseguentemente, tra obesità e gluten sensitivity (sensibilità al glutine) va visto in un’altra ottica, che può essere quella del disequilibrio del microbioma intestinale.
Il professor Gasbarrini ha spiegato in un recente convegno come l’assunzione di antibiotici nel primo anno di vita crei una disbiosi, che può essere a sua volta causa di obesità infantile. Come può questo legarsi con la celiachia?
Il leaky gut, ovvero l’intestino poroso, è l’iperpermeabilità intestinale che sposta lo stato del microbioma intestinale umano dall’equilibrio (stato eubiotico) verso il disequilibrio (stato disbiotico). L’intestino del celiaco è un intestino disbiotico ed è un intestino poroso, un colabrodo. Sebbene non si è ancora certi della disbiosi della gluten sensitivity, è noto che anche in questo caso l’intestino tenda ad essere poroso. Quindi, è probabile che il leaky gut e la disbiosi possano essere fattori rilevanti per l’instaurarsi del sovrappeso e dell’obesità, nei casi più gravi, e la risposta a queste domande può venire solo da studi approfonditi e dai progressi della ricerca.
L’obesità provoca un aumento generale dei livelli dei markers dell’infiammazione, particolari molecole che vanno poi a scatenare la cascata infiammatoria, e l’incremento dell’insulino– esistenza è associato all’aumento dell’infiammazione. L’obesità è inoltre correlata a diversi disturbi endocrinologici, che possono essere autoimmuni. La celiachia è una malattia autoimmune e nella gluten sensitivity si osserva una iper-reazione dell’immunità innata in presenza di glutine. Quindi, anche le sinergie tra immunità e ormoni e stati infiammatori possono essere il fil rouge che correla obesità, diabete di tipo 2, celiachia e gluten sensitivity.
Obesità e diabete di tipo 2 sono fortemente correlate, considerato che l’obesità è un fattore di rischio importate per l’insorgenza del diabete di tipo 2. Dato l’aumento dell’obesità infantile, si osservano casi di diabete di tipo 2, detto anche diabete dell’adulto, nei ragazzi. Il diabete di tipo 2 è caratterizzato da elevati livelli di glicemia e da insulino–resistenza. Il paradosso più grande è che i dolcificanti artificiali, nati per combattere l’eccessivo ingerimento di calorie, siano la causa di maggiore incidenza di obesità e diabete di tipo 2 e siano anche causa di stati disbiotici intestinali.
Ma in che modo tutto ciò è legato alla celiachia e alla gluten sensitivity?
Gli stati disbiotici sono direttamente correlati con il leaky gut. Un altro legame è quello alimentare; molti alimenti e prodotti dietoterapici della dieta senza glutine, assolutamente necessaria sia per il celiaco sia per il gluten sensitive, sono ricchi di amidi, carboidrati complessi che vengono poi divisi nei loro mattoncini più piccoli, che sono gli zuccheri, e sono anche ricchi in grassi. Il paradosso è che nel momento in cui si inizia a seguire la dieta senza glutine, l’intestino comincia a star meglio, non è più così poroso, lo stato disbiotico comincia a riequilibrarsi e si inizia a prendere peso. Il seguire in maniera scrupolosa la dieta senza glutine, quindi l’aderire alla compliance in modo stretto potrebbe diventare un rischio di obesità; perciò, diventa fondamentale, soprattutto in età pediatrica e in età adolescenziale, che l’aderenza alla compliance sia accompagnata da una corretta educazione alimentare e quindi da una dieta ben bilanciata.
Fonti: