Quante domande mi sono girate per la testa quando mi hanno diagnosticato la celiachia, purtroppo il peggio è arrivato quando l’hanno diagnosticata anche a mio figlio. Paura e sconforto sono stati i miei primi sentimenti. Il mio temperamento però ha avuto il sopravvento ed è scaturito in una idea fissa: preparare i piatti che mi cucinava mia nonna. Riprendere una manualità che avevo smarrito e cominciare a cercare ricette sane, genuine e “fatte in casa”.
La gestione di un figlio celiaco può apparire semplice nell’ambito famigliare, bastano poche accortezze, il difficile è spiegare ad un bambino che ad una festa di compleanno di fronte ad una tavola imbandita di panini alla nutella con smarties di tutti i colori, pizzette, mignon e altre leccornie lui non avrebbe potuto mangiare nulla… Panico.
A volte i bambini ci sorprendono, dopo i primi “mugugni” ho cercato di spiegargli che l’importante era fare festa insieme agli amici e cercare di divertirsi e non il cibo che accompagna il divertimento.
Meglio essere realisti e chiaramente dire che se avesse mangiato tutto quel “ben di Dio” per noi la festa sarebbe finita e lui sarebbe stato male.
L’esperienza e le situazioni insegnano, ed ho imparato che in occasioni analoghe sarebbe stato facile organizzarsi portando un piccolo vassoio con qualche prodotto senza glutine.
Devo dire anche che questa situazione ha colpito anche la sensibilità di molte mamme che spesso mi anticipavano preparando in autonomia un piccolo angolo “gluten free”.
Come si sarebbe comportato in mia assenza? L’istinto materno porta spesso a sostituirsi ai figli con il nostro senso di protezione, purtroppo, però quando non siamo presenti come possiamo gestire la situazione? Nel mio caso la concretezza e l’attenzione a spiegare al bambino che è necessario stare un po’ attenti per evitare problematiche successive ha fatto crescere Edoardo con la consapevolezza che è meglio chiedere sempre: “È senza glutine?”